Tra le recenti misure adottate dal legislatore emergenziale annotiamo l’ulteriore proroga della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio, varata in sede di conversione in legge del D.L. n. 41 del 22.03.2021 (cd. Decreto Sostegni), ed ivi contenuta all’art. 40 quater.
La norma si pone sulla scia di una serie di analoghi interventi del legislatore, che non hanno mancato di sollecitare i Giudici di merito chiamati alla loro applicazione ad una riflessione circa la legittimità costituzionale delle disposizioni via via adottate dal Governo sul tema, essendo stati da più parti sollevati dubbi in merito alla loro conformità alla Carta fondamentale.
Per meglio comprendere una questione che tanto interessa chi, come noi, quotidianamente frequenta le aule giudiziarie, s’impone un sintetico richiamo ai provvedimenti oggi al vaglio del Giudice delle Leggi.
Ad introdurre per la prima volta il “blocco degli sfratti” è la disposizione di cui all’art. 103 comma VI del D.L. n. 18/20 del 17.03.2020 (cd. Decreto “Cura Italia”), che ha disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili, anche ad uso non abitativo, sino al 30 giugno 2020; termine protratto, in sede di conversione in legge del provvedimento (L. 27/2020), al 30 settembre 2020.
Il successivo D.L. n. 34/2020 del 19.05.2020 (cd. Decreto Rilancio) -anche in tal caso in sede di sua conversione in L. 17.05.2020 n. 77, art. 17 bis- protrae la sospensione al 31 dicembre 2020.
A mente di entrambe le disposizioni il “blocco” si applica indistintamente a tutti i provvedimenti di rilascio di immobili, per qualsiasi titolo e ragione emessi, vale a dire a prescindere dalla motivazione su cui essi fondano.
Con successivo D.L. 183/2020 del 31.12.2020 (convertito in L. n. 21 del 26.02.2021), il cd. “Decreto Milleproroghe”, il Governo ha ulteriormente prorogato la sospensione dei provvedimenti di rilascio, estendendola, a mente dell’articolo 13 comma 13, al 30 giugno 2021.
La nuova normativa limita però le ipotesi di sospensione alle procedure avviate per mancato pagamento del canone alle scadenze previste (e dunque agli sfratti per morosità) e all’adozione di decreti di trasferimento di immobili pignorati abitati dal debitore e dai suoi familiari. Vengono pertanto esclusi dalla sospensione i provvedimenti di restituzione di immobili occupati sine titulo, gli sfratti per finita locazione e l’adozione di decreti di trasferimento di immobili in favore dell’aggiudicatario, ove non adibiti ad uso abitativo del debitore e dei suoi familiari.
In tale quadro normativo si inserisce l’ulteriore proroga della sospensione delle esecuzioni fino alla data del 31 dicembre 2021, disposta, come detto, dalla legge di conversione del Decreto Sostegni (L. n. 61/21 del 20.05.2021), mediante l’introduzione dell’art. 40 quater.
La richiamata disposizione, il cui ambito di applicazione è il medesimo delineato dal Decreto “Milleproroghe” (morosità e rilascio di immobili pignorati adibiti ad abitazione del debitore), prevede una progressiva ripresa dell’esecuzione delle procedure esecutive di rilascio, disponendo che i provvedimenti adottati tra il 28 febbraio ed il 30 settembre 2020 potranno essere eseguiti a far data dal 1º ottobre 2021, mentre quelli successivi al 30 settembre resteranno sospesi fino al 1º gennaio 2022. Nessuna ulteriore proroga per i provvedimenti adottati prima del 28 febbraio 2020, che pertanto, dal 1° luglio 2020, hanno ripreso corso.
Il richiamato quadro normativo è stato oggetto, come inizialmente accennato, di plurime iniziative tese a sottoporlo a vaglio di costituzionalità.
Attualmente all’esame della Corte è la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Trieste con ordinanza del 24 aprile 2021, che ipotizza la violazione di plurimi e fondamentali principi costituzionali da parte dell’art. 103 del Decreto Cura Italia e dell’art. 17 bis della sua legge di conversione, nonché dell’art. 13, comma 13, del Decreto Milleproroghe e relativa legge di conversione.
Segnatamente il Giudice rimettente censura le richiamate disposizioni, nella parte in cui impongono la sospensione tout court dei provvedimenti di rilascio, andando per tal via ad incidere anche su situazioni del tutto estranee all’emergenza sanitaria, quali le morosità verificatesi anteriormente al manifestarsi della pandemia.
Sotto altro, concorrente profilo, rileva il Tribunale triestino che la sospensione ipso iure dei provvedimenti di rilascio di immobili non consente al Giudice dell’Esecuzione quella valutazione comparativa delle distinte esigenze del proprietario rispetto a quelle dell’occupante, necessaria per decidere se disporre o meno la sospensione dell’esecuzione.
Sulla scorta di tali evidenze, nell’ordinanza in commento si ipotizza, in primo luogo, la violazione dell’art. 77 Cost., dubitandosi della legittimità del ricorso alla decretazione d’urgenza per disciplinare (anche) situazioni che nulla hanno a che vedere con l’emergenza sanitaria in atto, come nel caso delle morosità maturate anteriormente all’emergenza. Si ipotizza altresì la violazione dell’art. 24 Cost., ritenendosi compromesso il principio di effettività della tutela giurisdizionale in relazione a provvedimenti ormai definitivi e intangibili, e degli artt. 41, 47 e 117 Cost., sotto il profilo della compromissione dei diritti ivi tutelati
Ma soprattutto si pone in risalto, da parte del Giudice di Trieste, la violazione dell’art. 3 della Carta fondamentale.
Rinviando all’interessante lettura del provvedimento in esame, ci limitiamo ad evidenziarne i rilievi circa la contrarietà al principio di uguaglianza di una normativa che, “assegnando irragionevolmente e indebitamente lo stesso trattamento ad occupanti (e simmetricamente a proprietari) posti in situazione diversa, aggrava la posizione del proprietario, quasi che egli non dovesse subire i contraccolpi della pandemia allo stesso modo, o anche maggiormente, in confronto all’occupante”.
Una normativa che pertanto, secondo il Tribunale, da un lato finisce per tutelare anche la posizione di chi volontariamente (ed illegittimamente) scelga, in assenza di alcun collegamento tra il proprio inadempimento e la situazione determinata dall’emergenza sanitaria, di occupare abusivamente un immobile, e che dall’altro, anche in presenza di un’obiettiva impossibilità dell’occupante di sostenere i pagamenti per il pregiudizio economico derivatogli da tale emergenza, impedisce al Giudice di delibare comparativamente la situazione socio-economica delle parti del rapporto contrattuale, imponendo ad una sola di esse, il proprietario, il sacrificio della mancata disponibilità del bene locato.
Ferma l’attesa del definitivo dictum della Consulta, sembra difficilmente contestabile, a chi scrive, l’iter logico-argomentativo seguito dal Giudice rimettente nell’ordinanza in commento.
Avv. Bianca Maria Caruso
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